Anche la zona intorno al parco pubblico era mutata e quando cercò i posti dove un tempo aveva passeggiato con lui, non li trovò più: gli alberi erano stati abbattuti, assi di legno impedivano il passo, il suolo era sconvolto e la panchina sulla quale avevano scambiato tante parole d’amore, di cui ricordava così bene il suono e di cui aveva dimenticato il contenuto, non esisteva più.
Abbi cura dei tuoi ricordi perché non puoi viverli di nuovo.
"Vorrei sapere perché mi ha baciato. Non lo so, mormorò… Voleva una risposta, al limite un rifiuto, ma certo non quel nulla. Non può cavarsela così, senza una spiegazione. Ma non c’era niente da dire. Quel bacio era come l’arte moderna."
Il simbolista francese Odilon Redon (1840 - 1916), amico dei poeti contemporanei, da Baudelaire a Mallarmé, e illustratore appassionato delle loro opere, si ispira in questo disegno al pittore spagnolo Francisco Goya (1746 -1828). Ha però ben presenti anche i I fiori del male, la raccolta di poesie di Charles Baudelaire (1821 - 1867), modello riconosciuto dei simbolisti. quel fiore umanizzato che spunta dalla melma di una palude e offre al nostro sguardo il suo volto malinconico e inquietante, sembra nato dalle poesie di Baudelaire, esse pure fiori spuntati dalla palude del "male" annidato dentro l'uomo, ma fiori che tendono a raggiungere la trasparenza del cielo, come si legge nei bellissimi versi di Elevazione. E mentre nel viso raffigurato da Rendon si legge la disperata impotenza di chi non riesce a fuggire dalle acque morte che umiliano lo spirito, in tutte le strofe della lirica si coglie, invece, una tensione a salire dal fetore delle acque stagnanti verso la purezza dell'ardente nettare che colma / gli spazi trasparenti puro". Rendon appare a Huysmans, l'autore di Aritroso, il romanzo-bibbia del decadentismo, come interprete più alto dell'incubo, fratello in spirito di Edgar Allan Poe, Baudelaire va oltre l'incubo e tende a slanciarsi, come un albatro, verso l'alto.
Il simbolismo è una delle correnti artistiche più difficili e complesse dell'Ottocento, perchè gli artisti caricano ogni aspetto della realtà di significati soggettivi che essi soli sarebbero in grado di spiegare. Ma la forza delle loro parole e e delle loro immagini è tale che intuiamo facilmente il significato simbolico nascosto dietro le cose.
Baudelaire in Elevazioneci fa comprendere quanto intensa sia nello spirito umano, per quanto umiliato possa essere dalle sue stesse debolezze, l'ansia di cieli puliti, di purezza, di cose alte. Nel fiore dal volto umano di Redon s'intuisce lo stesso anelito, ma il paesaggio che lo circonda sembra sbarrargli ogni via di fuga e inchiodarlo a un inferno di immobilità e impotenza.
Moderatore. (rivolgendosi a Petrarca). Non mi pare che lei abbia molto amato il Decameron
Petrarca. E' vero, non ho difficoltà ad ammetterlo. L'opera del mio amico - e adesso posso dire discepolo - io l'ho leggiucchiata appena, un pò qua e un po' là. Mi hanno spesso infastidito la scelta di una materia "comune" e lo stile "basso", soprattutto in certi dialoghi troppo immediati e, a parer mio, pittosto banali. Io ho sempre avuto in mente un altro modello di letteratura.
Moderatore. Nonostante questo, lei ha tradotto in latino l'ultima novella del Decameron, quella che ha come protagonista Griselda.
Petrarca. Qui il caso era diverso. Si tratta di una novella in stile elevato, come ce n'è qualcun'altra - ma non molte - nell'opera, non solo, ma poteva essere letta (ricordo che il tradurre è anche interpretare) in chiave simbolica. Griselda mi era subito sembrata una santa che abbellisce ciecamente al volere di Dio, una eroina cristiana superiore a tutte le eroine dell'antichità. Penso sempre di più che sia fondamentale il confronto con la letteratura dei classici, degli antichi, che ci hanno tramandato dei capolavori insuperabili; per questo la novella ha ottenuto una risonanza europea che forse nemmeno Boccaccio poteva immaginare.
Moderatore. (rivolgendosi a Boccaccio). Lei cosa ne pensa?
Boccaccio. Ci sono stati diversi momenti nella mia attività di scrittore, e alla fine ho condiviso anch'io queste idee, per la grande ammirazione che ho avuto nei confronti di Petrarca, Le prime opere che ho scritto erano legate al soggiorno napoletano, allo sfarzo mondano della corte angioina. Poi, tornato da poco da Firenze, ho scritto la Fiammetta, dove ho voluto rappresentare ancora - ma la situazione era ormai molto diversa - i gusti e le abitudini di quella società raffinata, nella forma per me moderna di un romanzo che tenesse conto anche delle ragioni psicologiche. A Firenze, volevo dire, ho trovato una città grigia, intristita, in piena recessione: poi c'è stata la peste e, nonostante la crisi sempre più profonda, ho cercato - con il mio Decameron - di offrire un modello di comportamento e di vita destinato soprattutto ai ceti più attivi e intraprendenti. Ma forse non si potevano più cambiare le cose. Così, se prima Dante era stato la mia grande passione letteraria, mi sono accostato - pur senza ripudiare Dante - all'insegnamento di Petrarca. Se leggete un'altra mia opera in volgare, il Corbaccio, noterete facilmente questo cambiamento: io avevo dedicato il Decameron alle "donne", e in particolare alle "donne che amano"; adesso mi rivolgevo invece alle "muse", ossia alle fonti dell'ispirazione classica, chiedendo una specie di cittadinanza ideale presso "Omero e i valorosi antichi". Ho scritto anche, in latino, opere enciclopediche ed erudite, perchè ho cominciato a credere nel programma petrarchesco di una rinascita delle humanae litterae.
Moderatore. (rivolgendosi a Petrarca). Soprattutto lei si è posto il problema del ruolo che hanno in letteratura il latino e il volgare.
Petrarca. Io sono convinto, teoricamente, che la letteratura del mondo classico sia la più eccellente, e che il genere letterario più elevato e sublime sia l'epica: penso all'Iliade di Omero, all'Eneide di Virgilio; è il genere in cui il grande poeta, degno di essere incoronato con l'alloro, celebra le gesta del grande eroe e lo rende immortale. Per questo ho iniziato a scrivere un poema epico, l'Africa, e l'ho scritto in esametri latini. Purtroppo non l'ho ancora finito, e mi chiedo se riuscirò mai a concluderlo. C'è anche da dire che il grande poeta (e io sono stato incoronato con l'alloro sul Campidoglio, nel cuore dell'antica grandezza romana) non trova più, nella mediocrità del presente, uomini degni di essere cantanti, come si legge in una mia epistola rivolta ai posteri, Posteritati. Per questo mi sono soprattutto dedicato alla composizione di "rime"; le ho chiamate reum vulgarium fragmenta, brevi testi di cose scritte in volgare, e le ho semplicemente giudicate delle nugae, cose di poco conto. In questi versi ho dato spazio pittosto ai miei problemi interiori, ho cercato di esprimere le contraddizioni psicologiche della mia esistenza, Ho voluto confortarmi non con la tradizione storica. ma con me stesso, denunciando i miei limiti e le mie manchevolezze. Ma non sono mai venuto meno a un'idea di perfezione dell'arte, e ho curato questi testi con la massima attenzione. Qualcuno sostiene che proprio qui sia da cercare il migliore Petrarca; io non lo so, ma potrebbe essere proprio così.
Moderatore. Lo penso anch'io, così come penso che il Decameron sarà sempre giudicato l'opera più importante e significativa scritta da Boccaccio. Ma ai posteri - posteritati, per dirla con lei, Petrarca, alla latina - la sentenza.
«Ieri ho sognato di te. Non ricordo quasi più i singoli fatti, so soltanto che ci trasformavamo l’uno nell’altro, io ero tu, tu eri io. Infine, non so come, prendesti fuoco, ma ricordai che il fuoco può essere soffocato con i panni, afferrai un vecchio abito e con questo mi misi a batterti. Ma qui ricominciarono le metamorfosi e si arrivò al punto in cui tu eri scomparsa, mentre ero io che ardevo e ancora battevo con l’abito. Ma ciò non serviva a nulla e così era confermato il mio vecchio sospetto che queste cose non valgano contro il fuoco. Intanto però erano arrivati i pompieri e nonostante tutto tu in qualche modo fosti salvata. Ma eri diversa da prima, spettrale, disegnata col gesso nel buio e, inanimata o forse soltanto svenuta per la gioia di essere salva, mi cadesti tra le braccia. Ma anche qui si riscontrò l’incertezza della trasformazione perché forse ero io che cadevo tra le braccia di qualcuno».
--- La pittura è una poesia che si vede e non si sente,
e la poesia è una pittura che si sente e non si vede.
(Leonardo da Vinci)
Sul mio cuore, poesia, cammina lentamente, lenta come l’erica delle paludi, come un uccello plana sul ghiaccio notturno. Se frangi la crosta di questa mia pena Potresti annegare, poesia.