Ungaretti, il periodo milanese
Anche le tombe sono scomparse
spazio nero infinito calato
da questo balcone
al cimitero
mi è venuto a ritrovare
il mio compagno arabo
che s’è ucciso l’altra sera
rifà giorno
tornano le tombe
appiattate nel verde tetro
delle ultime oscurità
nel verde torbido
del primo chiaro.
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Tra un fiore colto e l'altro donato
L'inesprimibile nulla.
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Dopo la nebbia
Dopo tanta
nebbia
a una
a una
si svelano
le stelle.
Respiro
il fresco
che mi lascia
il colore
del cielo.
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M'illumino
D'immenso
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La linea
vaporosa muore
al lontano cerchio del cielo
Picchi di tacchi picchi di mani
e il clarino ghirigori striduli
e il mare è cenerino
trema dolce inquieto
come un piccione
A poppa emigranti soriani ballano
A prua un giovane è solo
Di sabato sera a quest’ora
Ebrei
laggiù
portano via
i loro morti
nell’imbuto di chiocciola
tentennamenti
dei vicoli
di lumi
Confusa acqua
come il chiasso di poppa che odo
dentro l’ombra
del
sonno.