LE ORE MORIVANO DI NOIA
LE DOMENICHE
Silvia Ugidos
Da sempre mi perseguitano:
in principio, da bambina,
arrivavano mascherate con vesti solenni
e scarpe nuove, la strada per la messa.
La domenica impediva di calpestare le pozzanghere,
di salire su un albero, di sorbire la minestra.
Era come un visitatore importuno
a cui mostrare in fretta
che si comprendono i codici
che più tardi verranno:
il grazie, per favore, stai seduta dritta,
non parlare, non rovinare le calze,
non mangiarti le unghie, saluta l’ospite.
C’era un orologio enorme in salotto
con un tic tac noioso, le ore non trascorrevano,
le ore morivano di noia
mentre la vita
aspettava nelle pozzanghere o in cima a un albero
per passare il giorno.
Per molti, la domenica rappresenta un inderogabile appuntamento con la noia e la malinconia, per altri è il giorno per convenzione cosacrato alle tradizioni: la messa, le paste, il pranzo in famiglia, come nel ricordo della poetessa spagnola Silvia Ugidos.