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7 giugno 2012 4 07 /06 /giugno /2012 23:00

 

 

   L'arte egizia

 

 

Ancient Egypt - (55)

 

 La civiltà  egizia dura un lunghissimo periodo, circa  5000  anni, mantenendo una

precisa  unità  culturale, religiosa ed artistica. La civiltà egizia con le sue  dinastie

di  faraoni  e  la sua  grande  estensione lungo il corso del Nilo ha seguito  leggi e

tradizioni  stabili, tramandate  di padre in figlio, dalla fine della Preistoria fino al-

la occupazione romana.

Questa  civiltà  ha  saputo  sviluppare  una  grande  serie di opere  artistiche  che

che si possono suddividere in tre categorie.

 

Il rapporto con il  mistero  si  può  definire  essenzialmente   come   rapporto  con 

l'aldilà.

Questa  attenzione  all' oltretomba  è  all'origine della quasi   totalità   delle  opere

giunte fino a noi. La  costruzione  delle  tombe  ( mastabe  e piramidi )  prevedeva

infatti  decorazioni con pitture, sculture e  oggetti di artigianato Il rapporto  con  il

mistero  si esprime attraverso la monumentalità, la scelta  di  materiali  durevoli e

l'uso  di un  grande numero disimboli che  diventano  anche   elemento decorativo

nelle opere.

La  monumentalità  si   esprime  con   l'architettura  nelle   originali  piramidi e nei

templi, con  la   scultura  nelle  grandi  statue  del  faraone   e  delle  divinità la cui

forma semplice e maestosa sfida il tempo.  

 

Ancient Egypt - (133)

  Le Piramidi

  

Ancient Egypt - (103)Le Piramidi 

 

Ancient Egypt - (64)    Sfinge e piramide di Cheope 

 

 

 

Interesse per la natura : L'Egitto è un "dono" del Nilo, da  esso  dipendono la  vita

e l'economia egiziana. Questa forte dipendenza dagli  elementi  naturali si manife-

sta in rappresentazioni di grande  precisione  ed   incisività   naturalistica   e  nella

simbologia, tratta proprio dalla natura come ad esempio al fior di Loto  ed al papi-

ro simboli  rispettivamente  dell'Alto  e del Basso Egitto oppure allo scarabeo o al

gatto.

 

 

                                                               

               Scarabeo Hyksos a nome            Scarabeo commemorativo

                di Ipepi (XV dinastia)                  di Amenhotep III (XVIII

                                                                             dinastia)

 

 

La volontà espressiva  si   manifesta  con  modalità tecniche e materiali  diversi in

architettura,  scultura,  pittura  ed  oreficeria.  Espressione di  tale volontà  sono le

colline trasformate in facciate di templi, le pitture  e gli  oggetti che innumerevoli

adornano le tombe, le sfingi ecc.

 

 

Ancient Egypt - (100)   Ancient Egypt - (99)                    

 

Ancient-Egypt----93-.jpg

                              

 

 

Le opere giunte fino a noi sono i templi e le costruzioni funerarie.

I templi, adibiti al culto delle divinità ed  alla celebrazione dei  faraoni, sono  co-

struiti su  grandi spazi, come  quello di Luxor, o sono appoggiati o scavati addirit-

tura nella roccia, come quelli di Abu Simbel.

 

 

 

Ancient Egypt - (75)Tempio di Luxor

 

Ancient-Egypt----57-.jpgLuxor - geroglifici

 

File:Großer Tempel (Abu Simbel) 06.jpg

Tempio Abu Simbel

 

 

Nelle   costruzioni   funerarie si passa  dalle mastabe a una o più camere alle pira-

midi che si ergono possenti dalle sabbie del deserto con le loro pareti prima a gra-

doni e poi lisce a forma di triangolo isoscele.

 

 

 

   

Mastaba

 

Un unico  schema unifica le rappresentazioni  della  figura  umana con  una  asso-

luta frontalità ed immobilità dei personaggi che passano dalle piccole statuette fu-

nerarie alle  mastodontiche  rappresentazioni del faraone. Non   mancano, accanto

alle  rappresentazioni   maestose, opere  di particolare   finezza  ed eleganza come

la statuetta in quarzite rosa del Louvre dove da un nastro annodato al petto si apre

un  drappeggio  leggerissimo e delicato  che fa  trasparire  la  bellezza della figura

femminile.

Nei basso rilievi  come  nella pittura la monumentalità viene  ottenuta rappresen-

tando gli oggetti secondo il  concetto della   massima  riconoscibilità: nelle figure

umane, ad esempio, abbiamo un certo montaggio di elementi per cui il volto è di

profilo,l'occhio frontale, le spalle e il busto sono posti frontalmente, le gambe so-

no viste di profilo e preferibilmente fissate nell'apertura di un passo.

 

 

Le pitture sono fortemente descrittive e testimoniano il grande interesse per la na-

tura e per la vita quotidiana: i raccolti, la caccia e la pesca, la sepoltura dei faraoni...

La  rappresentazione  è  disposta su  fasce  parallele  indicanti  lo spazio in  cui   si

svolge il raccolto, le  proporzioni  sono strettamente legate all'importanza dei per-

sonaggi. Ricordiamo  che  la pittura  fa  largo uso dei simboli testimoniando stretti

legami con la scrittura egizia a geroglifici.

 

 

Grandissima cura viene dedicata alla realizzazione di  collane, bracciali ed oggetti

vari che accompagnavano il morto  nella  sua permanenza  eterna. I materiali sono

oro, rame, ceramica, avorio, pietre  e  vetri colorati, oltre  naturalmente a materiali

meno resistenti nel tempo come legno e stoffa

 

 

 

La costruzione delle piramidi

 

  

    Rampa Piramidi                                                             

La  piramide   era  costruita  con  grandi blocchi   di  pietra

calcarea. Questi blocchi, appoggiati su una slitta che scorreva

su rulli  di  legno, erano  trascinati  da  numerosi uomini. Per

sollevare  i  blocchi  alla  quota  opportuna  si   allestiva  una

grande  rampa   che  si  allungava  sempre più, man  mano si

procedeva nella costruzione. Per realizzare questa rampa era

 necessaria una quantità di materiale e di uomini.

   

 

Ancient Egypt - (51)   
 

 

 

 

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31 maggio 2012 4 31 /05 /maggio /2012 15:04

 

 

Straordinaria avventura accaduta a Vladimir Majakovskij

d'estate in campagna

 

 

Vladimir Majakovskij

 

 

 

"Risplendere sempre,
risplendere ovunque,
sino al fondo degli ultimi giorni
risplendere -
e nient'altro!
Ecco la parola d'ordine mia
- e del sole!"

 

Di cento soli ardeva il tramonto,

l'estate scivolava verso luglio,

c'era calura:

ciò accade in campagna.

La collina di Pùskino aveva per gobba

il monte degli Squali,

e ai piedi del monte

un villaggio

corrugava la scorza dei tetti.

Dietro al villaggio un buco,

e in quel buco, immancabilmente,

calava sempre il sole

con lentezza e con precisione.

Ma il mattino seguente

di nuovo

il sole sorgeva scarlatto

a inondare l'universo.

E un giorno dopo l'altro

tutto questo cominciò

a irritarmi terribilmente.

E una volta, arrabbiandomi così

che tutto impallidì dallo spavento,

gridai al sole a bruciapelo

"Scendi!

Basta di gironzolare in quell'inferno"

Gridai al sole

"Scroccone! Tu poltrisci tra le nuvole,

mentre io, sia estate o inverno,

seggo a disegnare cartelloni! "

Gridai al sole "Aspetta!

ascolta, fronte d'oro,

se invece di tramontare nell'ozio,

tu venissi a prendere il tè"

Che ho fatto!  Sono perduto!

verso di me di buon grado,

allargando i passi dei suoi raggi,

avanza il sole per i campi.

Non voglio mostrarmi pauroso -

e mi ritraggo indietro.

Sono già nel giardino i suoi occhi.

Già cammina per il giardino.

Entrando dalle porte,

dalle finestre, dalle fessure,

rovinava la massa del sole.

Irruppe e, ripigliando il fiato,

si mise a parlare con voce di basso

"E' la prima volta dalla creazione

che costringo i miei fuochi a tornare indietro.

Mi hai invitato? Dammi il tè,

poeta, dammi la marmellata!"

Con gli occhi lacrimanti

per la calura che mi rendeva folle

gli indicai il samovàr

"Ebbene? siediti astro!"

Un diavolo mi aveva spinto a strillargli

le mie insolenze.

Confuso,

mi sedetti sull'orlo di una panca,

temendo che accadesse il peggio!

Ma una strana chiarezza fluiva dal sole

ed ecco, tralasciando il mio sussiego,

comincio pian piano

a conversare con l'astro.

Parlo di questo, di quello, e gli dico

che la Rosta mi esaspera,

e il sole

"D'accordo, ma non mi affliggerti,

non complicare le cose!

Pensi che per me sia facile risplendere?

Fanne tu stesso la prova!

Se ti ci metti, devi continuare,

splendendo sempre più a piena luce!"

Chiacchierammo così sino al buio,

cioè sino a quella che prima era la notte.

Come parlare qui di oscurità!

Prendendo dimestichezza,

ci demmo presto del tu.

E poco dopo con grande amicizia

già gli battevo la spalla.

E il sole pure "Tu ed io siamo compagni!

Andiamo poeta,

a fissare lo sguardo, a cantare

fra il grigio ciarpame del mondo.

Io verserò il mio sole

e tu il tuo con i versi "

Il muro d'ombre, la prigione delle notti

cadde sotto la doppietta dei soli.

Subbuglio di versi e di luce,

sfavilla a tutto spiano!

Se il sole si stanca e la notte

vuol coricarsi, torpida marmotta,

allora io d'improvviso

albeggio a tutta forza,

e il giorno scampana di nuovo.

Risplendere sempre, risplendere ovunque,

sino al fondo degli ultimi giorni,

risplendere e nient'altro!

Ecco la parola d'ordine mia -

e del sole!

 

 

 

 

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29 maggio 2012 2 29 /05 /maggio /2012 13:26

 

 

 

 

daniel-f.-gerhartz_-20-23--1-.jpg

 

Abbiamo perso... 

 

"Abbiamo perso anche questo crepuscolo.

Nessuno ci ha visto stasera mano nella mano

mentre la notte azzurra cadeva sul mondo.

  

Ho visto dalla mia finestra la festa

del tramonto sui monti lontani.

 

A volte come una moneta mi si accendeva

un pezzo di sole tra le mani.

 

Io ti ricordavo con l' anima oppressa

da quella tristezza che tu mi conosci.

 

Dove eri allora? Tra quali genti?

Dicendo quali parole?

Perchè mi investirà tutto l' amore di colpo

quando mi sento triste e ti sento lontana?

 

E' caduto il libro che sempre si prende al crepuscolo

e come cane ferito il mantello mi si è accucciato tra i piedi.

 

Sempre, sempre ti allontani la sera

e vai dove il crepuscolo corre cancellando statue. "

 

Pablo Neruda

 

 

 

Laszlo_Gulyas_-_Tutt-Art-_-21--1-.jpg

 

Dai tuoi occhi arrossati

 

Dai tuoi occhi arrossati

e da un fermaglio mal messo,

pensai che passasti la notte,

giocando a giochi proibiti.

 

Ti odiai come vile traditrice:

ti odiai con odio di morte:

mi nauseava vederti

così perfida e bella.

 

E dal biglietto che ho visto

non so dove nè quando,

so che sei stata a piangere

tutta la notte per me.

 

Josè Martì  ( poeta cubano )

 

 

 

laszlo_gulyas1o-1-.jpg

 

Tristezze della luna

 

Nei suoi sogni la luna è più pigra, stasera:

come una bella donna sui guanciali profondi,

che carezzi con mano disattenta e leggera

prima d' addormentarsi i suoi seni rotondi,

 

lei su un serico dorso di molli aeree nevi

moribonda s' estenua in perduti languori,

con gli occhi seguitando le apparizioni lievi

che sbocciano nel cielo come candidi fiori.

 

Quando a volte dai torpidi suoi ozi una segreta

lacrima sfugge e cade sulla terra, un poeta

nottambulo raccatta con mistico fervore

 

nel cavo della mano quella pallida lacrima

iridescente come scheggia d' opale

e, per sottrarla al sole, se la nasconde in cuore.

 

C. Baudelaire

 

 

 

daniel-f.-gerhartz_-20-17--1-.jpg

 

Piccola donna

 

  Sei una piccola Donna...

 Nell'anima

 un bagaglio di amore,

 tenerezza,

 euforia, gioia...

 Nel cuore

 sogni, ambizioni,

 incertezze, paure..

 Piccole gemme

 racchiuse

 in uno scrigno

che abbraccia

 la tua vita!

 L'amore

 ch'è in te

 non va sciupato

 all'imaginazione

 ed illusioni...

Tale bellezza

non va spazzata

 dal vento ancor prima

che ne conosca

i valori della femminilità

 

Egizia Russo

 

 

 

 

 

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24 maggio 2012 4 24 /05 /maggio /2012 13:34

 

 

LE SFIDE DELLA VITA

 

 

Una ragazza al telefono

 

 

Giuseppe Pontiggia

 Como 1934 - Milano 2003

 

 

 

  

Il  romanzo  è  incentrato sul problematico rapporto di un padre con il figlio disa-

bile e di questo con la società. Il protagonista analizza con lucidità, ironia e parte-

cipazione le  difficoltà affrontate  assieme al figlio, il  proprio  vano e presuntuoso

tentativo di  condurlo  alla "normalità",  le angosce  alimentate  da  un  invincibile

desiderio di fuga  davanti  alle responsabilità. Attorno  ai due protagonisti si muo-

vono  numerosi  peronaggi che, ciascuno  a  suo  modo, riflettono  le  reazioni  dei

"normali" di fronte al "diverso".

Nel brano l'autore affronta il delicato problema del sentimento amoroso "Paolo ri-

ceve una telefonata da una ragazza che gli dà  un appuntamento. Mentre le chiede

chiede  con  fatica  dove  e quando  dovranno  incontrarsi, la ragazza  riattacca, la-

sciandolo sgomento con il ricevitore in mano.

 

 

 

Lo vedo paonazzo al telefono, che balbetta. Ha il viso sudato, gli occhi luccicanti.

Franca, passandomi vicino per andare in corridoio, mi sussurra:

"E' una ragazza che gli ha telefonato."

Lui tiene la testa bassa, le chiede, con la sua voce un pò roca e affaticata.

"Ma tu come ti chiami?"

Rimane ad ascoltarla in silenzio, il respiro affannoso. Poi dice smarrito:

"Non mi ricordo."

Alza lo sguardo e, vedendomi, lo volge subito altrove.

Poi sospira, prende fiato. Di solito, se sono presente, lo sollecito, magari a gesti, a

rispondere più rapido, per non stancare l' interlocutore. Ora però non gli dico niente.

Le chiede con la sua lentezza, ma con un occhio vagamente ammiccante:

"Dove vuoi che ci vediamo?" 

Lei non deve aver capito perchè lui tenta, come fa in quei casi, di sillabare:

"Do-ve vuoi che ci ve-dia-mo?"

Aspetta trepidando. Avrei voglia di abbracciarlo. Le chiede:

"Quando?"

Poi resta con il telefono in mano, stupefatto, sgomento.

Mi siedo vicino a lui:

"Ha Riattaccato?"

Lui mi risponde:

"Sì."

"La conosci?"

Mi fa segno di no con la testa. Temo stia per piangere.

Non so che cosa dire, tranne la verità. Subito. Almeno la verità.

"E' uno scherzo, Paolo. Non devi prenderlo sul serio "

Annuisce.

"E' uno scherzo idiota. Lo facevano anche nella mia classe, le ragazze telefo-

avano a quelli di un'altra, senza farsi riconoscere."

Sto mentendo ( a proposito della verità ). Ma potrebbe essere vero.

"Reagisci!" insisto. "Non devi badarle, è una stupida. La prossima volta diglielo!"

Lui mi guarda:

"No!"

"E invece sì!" Impari che ci sono ragazze stupide. Non darle spazio!"

"Ma l'amore è importante!" mi dice con una voce strozzata e finalmente chiara.

Aggiunge:

" Tu non lo sai!"

Cerca di divincolarsi da me, che l'ho preso per le spalle.

 Ma sì, Paolo, lo so! "

"Lei mi ha parlato di questo!"

Sento che devo distrarlo, ma non assecondarlo. Se mi vedesse emozionato,

sarebbe peggio.

"Lei è una ragazzina, devi compatirla" gli rispondo, prendendogli una mano nelle mie.

" Sono scherzi idioti, però non neanche a detestarla! "

Mi fissa stupito.

"Sì, che lei ti faccia uno scherzo è idiota" continuo. "Anche crudele. Però ti tratta

come tratterebbe gli altri. Non ti commisera, capisci? Certo non possiamo apprez-

zarla, ma c'è di peggio.

Non so che cosa stia dicendo, ma l'ho distratto. E qualcosa deve averlo confortato.

Si sta calmando.

Aggiungo:

"Quando crescerà, sarà la prima a capire di essere stata stupida".

La battuta non lo convince. Ho detto fatalmente la parola in più che diminuisce le altre.

Perchè scommettere sul futuro di quella ragazza? Perchè tanta beneficenza differita?

"Hai ragione, Paolo" gli dico. "Può darsi che resti una stupida. Pensa a quanti stu-

pidi ci sono in giro. Tu credi che da ragazzi fossero intelligenti?"

Gli viene da sorridere.

"Ecco, così va bene, proseguo". "Non vale la pena di chiedersi perchè l'ha fatto."

Ha riacquistato un viso serio e deluso e con la sua voce bassa mi rispode:

"L'ha fatto perchè sono un disabile".

  

 

 

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18 maggio 2012 5 18 /05 /maggio /2012 21:25

 

 

SCRITTORI DEL NOVECENTO

 

CESARE ZAVATTINI
 

 

 

Un intruso in casa di Stefano C.

 Ces attini

 

104306056-8dda30a5-5d8c-4f9b-9fa7-3cc2573dea51-1-.jpg

 

 

Un uomo  dice  di essere il "tempo" ma non è creduto. Succede  qualcosa che dà

carattere di verisimiglianza a questa invenzione "surrealista" di Zavattini, in  cui

vengono messe in discussione cose che sembrano ovvie e scontate.

 

Stefano C. stava  leggendo il giornale in sala da pranzo quando apparve la donna

di servizio.

"C'è un signore che vi cerca" disse.

"Avanti"

Entrò un uomo sui quarant' anni, un tipo di impiegato con i capelli rossastri e le

spalle gracili.

"Desiderate? "

"Sono il tempo".

Stefano C. allungò la testa " Come? "

"Il tempo , ho detto il tempo".

Stefano C. s'irritò "Il tempo, cioè?"

L'individuo riprese con una certa calma

"Il tempo tempo. Se avessi detto il calderaio avreste  capito che ero il calderaio,

vi pare? "

 

Entrarono nella camera la moglie e la figlia di Stefano C., si erano fermate vicino

alla soglia.

"Siamo brevi:  confessate di  non credere  che sono  il tempo. Mi  giudicate solo

uno sciocco o un demente".

 "No, non mi permetto di giudicarvi, ma deve esserci un equivoco fra di noi".

"Tutto sta nel concetto comune che voi avete di me. Escludete che il tempo

possa essere un uomo sui quarant'anni, vestito come voi..."

La moglie di Stefano C. intervenne

"Scusate, è tardi, noi dobbiamo ritirarci"

"Me ne vado, signora. Ho già fatto la prova altrove, nessuno ci crede.

Avessero almeno il sospetto. Siate franchi, neanche il sospetto avete, sia pure

lontano, che io possa essere il tempo?"

"Egregio amico" disse Stefano C. scuotendosi per far capire che era alla fine

della sua calma.

"Se ve lo dimostro, so che credete. Ma io speravo di vedere la meraviglia del

vostro volto all'annuncio, ero venuto soltanto per questo".

Fece per uscire poi si voltò indispettito e alzando la voce di parola in parola

"Secondo voi ho la tunica o chissà che forma ho... Guardateli che faccia"

Si fermò un attimo a fissare i tre, gli lucevano gli occhi per il disprezzo e l'ira.

"Toh" disse facendo un gesto in aria deciso improvvisamente.

Stefano C. e  i suoi diventarono più vecchi di quattro o cinque anni, si udì

cadere un dente.

"Ora mi credete" disse desolato. E lungo le scale continuò a borbottare e a

imprecare.

 

 

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17 maggio 2012 4 17 /05 /maggio /2012 18:16

 

 

Bertolt Brecht

 

Alcune poesie

 

 

 

IL GIARDINO DEI FIORI

 

Sul lago, in fondo ai pioppi e abeti folti,

da mura e siepi difeso, un giardino

così ben curato con fiori d'ogni mese

che è da marzo fino a ottobre in fiore.

Qui, al mattino, non troppo spesso, io siedo

e auguro a me che anche io possa sempre

per mutare di tempo - bello, brutto - mostrare

o una o altra gradevole cosa.

 

 

 

GLI  UCCELLI  D'INVERNO, DAVANTI ALLA FINESTRA

 

Io sono il passerotto.

Bimbi, il mio tempo muore.

E sempre vi ho chiamati nell'anno che è passato

quando tornava il corvo tra i cespi d'insalata.

Una piccola offerta, per favore.

 

Passero, vieni vicino.

Passero, un chicco per te.

E tante grazie per il tuo lavoro!

 

Io sono il picchio.

Bimbi, il mio tempo muore.

Picchio tutta l'estate e dove arrivo

col becco, spare ogni insetto nocivo.

Una piccola offerta, per favore.

 

Picchio, vieni vicino.

Picchio, un bruco per te.

E tante grazie per il tuo lavoro!

 

Io sono il merlo.

Bimbi, il mio tempo muore.

Ed ero io a cantare nel grigio dei mattini

quando durò l'estate, dall'orto dei vicini.

Una piccola offerta, per favore.

 

Merlo, vieni vicino.

Merlo, un chicco per te.

E tante grazie per il tuo lavoro!

 

 

 

I BAMBINI GIOCANO ALLA GUERRA
 

E' raro che giochino alla pace

perchè gli adulti da sempre fanno la guerra

tu fai pum e ridi

il soldato spara

e un altro uomo non ride più.

 

E' la guerra

c'è un altro gioca da inventare

far sorridere il mondo

non farlo piangere

 

Pace vuol dire

che non a tutti piace lo stesso gioco

che i tuoi giocattoli

piacciono anche agli altri bimbi

che spesso non ne hanno

perchè ne hai troppi tu.

 

che i disegni degli bambini

non sono dei pasticci

che la tua mamma non è solo tutta tua

che tutti i bambini sono tuoi amici.

 

E pace è ancora

non avere fame

non avere freddo

non avere paura.

  

 

 

PIACERI

 

Il primo sguardo dalla finestra al mattino

il vecchio libro ritrovato

volti entusiasti

neve, il mutare delle stagioni

il giornale

il cane

la dialettica

fare la doccia, nuotare

musica antica

scarpe comode

capire

musica moderna

scrivere,piantare

viaggiare

cantare

essere gentili.

 

 

 

AMARE IL MONDO

 

Ci impegnamo, noi e non gli altri,

unicamente noi e non gli altri,

nè chi sta in alto, nè chi sta in basso,

nè chi crede, nè chi non crede.

Ci impegnamo.

senza pretendere che gli altri si impegnino per noi,

senza giudicare chi non si impegna,

senza accusare chi non si impegna,

senza condannare chi non si impegna,

senza cercare perchè non si impegna.

Se qualche cosa sentiamo di "potere"

e lo vogliamo fermamente

è su di noi, soltanto su di noi.

Il mondo si muove se noi ci muoviamo,

si muta se noi ci facciamo nuovi,

ma imbarbarisce

se scateniamo la belva che c'è in ognuno di noi.

Ci impegnamo:

per trovare un senso alla vita,

a questa vita,

a questa vita

una ragione

che non sia una delle tanti ragioni

che bene conosciamo

e che non ci prendono il cuore.

Ci impegnamo non per riordinare il mondo,

non per rifarlo, ma per amarlo.

 

  

 

RICORDO DI MARI A

 

Un giorno di settembre, il mese azzurro,

tranquillo sotto un giovane susino

io tenni l'amor mio pallido e quieto

tra le mie braccia come un dolce sogno.

E su di noi nel bel cielo d'estate

c'era una nube ch'io mirai a lungo:

bianchissima nell'alto si perdeva

e quando riguardai era sparita.

 

E da quel giorno molte molte lune

trascorsero nuotando per il cielo.

Forse i susini ormai sono abbattuti:

Tu chiedi che ne è di quell'amore?

Questo ti dico: più non lo ricordo.

e pure certo, so cosa intendi.

Pure il suo volto più non lo rammento,

questo rammento: l'ho baciato un giorno.

 

Ed anche il bacio avrei dimenticato

senza la nube apparsa su nel cielo.

Questa ricordo e non può scordare.

era molto bianca e veniva giù dall'alto.

Forse i susini fioriscono ancora

e quella donna ha forse sette figli,

ma quella nuvola fiorì solo un istante

e quando riguardai sparì nel vento.

 

 

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12 maggio 2012 6 12 /05 /maggio /2012 15:35

 

 

 

Auguri mamma

 

La parola " MAMMA " è nascosta al cuore

e sale alle labbra nei momenti di dolore e di felicità...

 

 

 

Grazie mamma

perchè mi hai dato

 la tenerezza delle tue carezze,

il bacio della buona notte,

il tuo sorriso premuroso,

la dolce tua mano che mi ha dato sicurezza.

Hai asciugato in segreto le mie lacrime,

hai incoraggiato i miei passi,

hai corretto i miei errori,

hai protetto il mio cammino,

hai educato il mio spirito,

con saggezza e con amore

mi hai introdotto alla vita.

E mentre vegliavi con cura su di me

trovavi il tempo

per i mille lavori di casa.

Tu non hai mai pensato

di chiedere un grazie.

GRAZIE MAMMA

Judith Bond

 

 

 

 

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9 maggio 2012 3 09 /05 /maggio /2012 04:00

 

 

IL NOVECENTO

 

 

Pablo Picasso

 

 

 

 

 

Nasce a  Malaga in Spagna nel 188.

Figlio di un professore di disegno,

dopo aver brillantemente compiuto

gli studi presso l'Accademia di Barcellona

e  di  Madrid,  frequenta  gli  ambienti  

artistici e culturali di Barcellona e Parigi,   

finchè non si trasferisce definitivamente  

in  Francia. In poco tempo diviene uno

dei maggiori animatori della cultura

parigina. "Amo l'arte, essa è l'unico scopo

della mia vita. Tutte le cose che faccio

in relazione all'arte mi danno gioia 

immensa".

Picasso  ha  dato tutto di sè attraverso 

l'arte, sfruttando con caparbietà i talenti fino all'ultimo dei suoi 92 anni.

Egli  cercava  la  verità, cioè  un  rapporto vero con le cose e con la realtà.

Afferma, infatti "Esprimo ciò   che  vedo. Quando dipingo  il mio  scopo  è

di mostrare ciò che ho trovato e non  quello che sto cercando". Proprio per

questo non ha uno stile fisso, chiuso, unico ma, completamente disponibile

di fronte alle sollecitazioni  della  realtà  che  incontra, ritorna anche a

distanza di tempo sulle sue  scelte espressive in modo  che ciò che dipinge

esprima tutta la forza e la potenza che ha dentro.

 

   

I giocolieri, 1905.

Washington, National Gallery of Art

 

Nelle opere iniziali, riconosciute comePeriodo Blu (1901-1904), l'artista, in

precarie condizioni economiche, si  rivolge  al  mondo  dei poveri  e degli

emarginati, come saltimbanchi, acrobati, girovaghi e arlecchini, figure dallo

sguardo assente, isolate, senza  alcun rapporto  con  lo spazio circostante,

esaltate  nella  loro  nobiltà  morale  attraverso  un  filtro  vivido,  freddo, 

monocromatico, senza sole: blu, appunto.

Gradualmente avviene il passaggio al periodo sucessivo(1905-1906), il

Periodo rosa, più "positivo" Dapprima muta la tavolozza  cromatica  con

colori che si fanno più caldi,poi anche le figure non più statiche iniziano a

muoversi, a guardarsi negli occhi, ad aprirsi al mondo e agli affetti, alla

vita.

 

 La coiffure, part, 1906.

New York, Metropolitan Museum of Art.

 

Nel 1908, a soli 24 anni, con la sua opera Lesdemoiselle d'Avignon, Picasso

mette in crisi tutta la tradizione figurativa precedente e con il Cubismo apre

il nuovo corso all'arte moderna.

  

 

  La seduzione, la semplicità.

  Les demoiselles d'Avignon, 1907.

New York, Museo d'Arte Moderna.

 

L'immagine  dipinta, non  essendo più  rappresentazione della  realtà viene

anche  eseguita con materiali diversi: collages, scritte, numeri, tappezzeria,

colore  misto a sabbia, raschiato con un pettine.

Spirito libero, fortemente creativo, svolge la  sua attività anche come sceno-

grafo, scultore, illustratore, incisore, ceramista.

Intorno al 1907 Picasso è in Italia per la realizzazione delle scene e costumi

di un balletto di Jean Cocteau.Conosce l'arte antica, quella del Rinascimento

il mondo  della  Commedia dell'Arte.

Le sue opere risentono pertanto della  classicità  i suoi arlecchini sono inter-

pretati sia in modo figurativo che prettamente cubista.

 

 

  Arlecchino dell'Arte

 

Stili diversi coesistono sempre in lui. "Se un artista varia la sua espressione

vuol dire soltanto che ha cambiato il suo modo di pensare. Quando  ho

qualcosa da dire, lo dico nel modo che mi sembra più naturale. Motivi

differenti richiedono differenti metodi di espressione".

Nelle opere di scultura si avvicina al Surrealismo."Avevo notato in un angolo

un manubrio  e una sella di bicicletta disposti in modo tale da assomigliare

ad una  testa di toro. Allora , misi insieme questi oggetti in modo che si

riconoscesse la testa di toro".

La metamorfosi era compiuta.

Negli anni precedenti al 1937 creò sculture in ferro, le illustrazioni per le

Metamorfosi di Ovidio, le figure  incise  del  Minotauro, numerose  teste  di

donna  viste   contemporaneamente di fronte e di profilo, come nel Ritratto

di Dora Maar.

 

 Ritratto di Dora Maar, 1937.

Parigi, Museo Picasso.

 

Picasso  ritiene "Unica  mia opera simbolica" Guernica, e con essa testimonia

il suo non essere  indifferente, come  artista, a  un conflitto (la guerra civile

spagnola) in  cui sono in gioco i valori dell'umanità e della civiltà.

Il suo  impegno politico si manifesta anche con la partecipazione a tre

congressi mondiali per la pace, per i quali disegna  la Colomba della pace e

coi  dipinti  Massacro in Corea,1951 e La guerra e pace, 1953 nella Cappella

Vallauris.

"Io sono fiero di dirlo, non ho mai  considerato la pittura  come un'arte di

puro piacere, di distrazione.Io ho voluto con il disegno e con il colore, dato

che sono le mie armi, penetrare sempre più  nella coscienza degli uomini e

del  mondo, affinchè  questa  coscienza ci liberi ogni giorno di più. Io ho

sempre cercato di dire alla mia maniera ciò che consideravo essere il più

giusto, il meglio, che  poi naturalmente  era  sempre il  più bello, come i

grandi  pittori sanno bene. Sì, io  ho la  coscienza  d'aver sempre lottato da

vero  rivoluzionario con la mia pittura, ma ora ho capito che neppure ciò

può bastare. Questi anni di oppressione terribile mi hanno dimostrato che

io devo combattere non soltanto con tutta la mia arte, ma anche con tutto

me stesso".

 

 Guernica,1937.

Madrid, Centro Artistico Regina Sofia.

 

In un'atmosfera di paura e  di indecisione si apriva a Parigi nel 1937 la

"Esposizione Universale". La Spagna vi partecipa con un grande lavoro di

Picasso, Guernica, quasi come il presentimento di una tragedia che avrebbe

coinvolto il mondo intero con la seconda guerra mondiale.

Picasso ha dipinto la grande opera alla notizia  che i bombardieri  tedeschi

avevano  attaccato  l'antica  città  di Guernica  in  un  giorno  di mercato,

seminando il terrore nella  popolazione civile. Picasso nel dipinto descrive

questo avvenimento. Nella  metà  di sinistra  del  quadro  tutto è orrore,

morte,  disperazione. Il toro, simbolo della brutalità è impassibile e

trionfante, vincitore  sull'uomo, identificato nella testa spezzata di una

statua come se si trattasse di una corrida al contrario. Il cavallo è il popolo

che, trafitto e ferito a morte, si contorce e urla di dolore. Una mano stringe

ancora una spada spezzata, arma inutile contro gli aerei Stukas tedeschi.

Una madre grida  il suo dolore per il piccolo figlio, anche una colomba

stride, folgorata. Nella metà destra dell'opera, al terrore della  donna  che

scappa di casa con  l'abito in fiamme, si  accompagna  all' implorazione  di

altre donne, l'attesa  forse  che  la  luce,  al  centro  della composizione,

colpendo la spada spezzata, faccia nascere una vittoria, un fiore.

Guernica è un quadro storico non perchè rappresenta un fatto storico così

come  è accaduto, ma per le modalità con cui è realizzato.Forme sgraziate,

urlanti, esasperate nei movimenti e nei gesti, deformate,  piatte.  Nero,

bianco,  grigio: il colore non c'è...il  volume  non c'è...Colore e volume, due

elementi con cui la realtà vive,si fa conoscere e percepire, vengono eliminati

perchè "La morte  sia nel quadro". Diventa quindi un grido contro tutte le

guerre.

Dopo la fine della seconda guerra mondiale Picasso continua il suo lavoro

ed anche il suo impegno culturale e politico partecipando a tre congressi

mondiali per la pace.

Nel 1947 incomincia la sua attività di ceramista che sarà ricca e intensa di

opere come quella grafica.

 

Picasso   muore   a   Mougins nel  1973  e  per  la  genialità  delle   sue

opere dobbiamo  considerarlo come il più importante artista del primo

Novecento.

 

 

 

 

 

 

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25 aprile 2012 3 25 /04 /aprile /2012 04:33

 

 

La Cenerentola   Pellerossa     

 

      

 

  Indiani

 

 

 

Cenerentola riesce a realizzare i suoi sogni: sottrarsi alla povertà e all'ingiustizia, migliorare le proprie condizioni di vita e, soprattutto essere felice. Questo sogno naturalmente appartiene a tutti i popoli della Terra; ecco perchè la fiaba di Cenerentola, con qualche inevitabile differenza, è narrata in tanti Paesi del mondo.

Nella Cenerentola Pellerossa c'è la magia di un popolo nomade dedito alla caccia e alla raccolta.  

 

 

 

 

 

 

Sulle  spiagge di un'ampia baia della  costa  atlantica  viveva un  tempo un grande

guerriero indiano, che si diceva avesse compiuto molte imprese strabilianti.

Ma  questa  è   una   cosa  che  nessuno  sa   con  certezza,  poichè  egli aveva  un

meraviglioso e  stranissimo potere: quello di  rendersi  invisibile. In questo modo 

poteva  confondersi  indisturbato  tra i nemici e scoprire i loro piani. Era noto tra

questi  popoli  con  il  nome  di " Vento  forte l' Invisibile " e viveva  in una  tenda

vicino  al  mare  con  la  sorella, che   lo  aiutava   in   ogni   cosa.  Molte   ragazze

sarebbero  state felici  di  sposarlo  e lo cercavano per via delle grandi prodezze.

Tuttavia, era noto che Vento Forte  avrebbe sposato soltanto la prima ragazza che

fosse riuscita a vederlo mentre tornava a casa la sera.

Molte ci provavano, ma ci volle tanto tempo prima che qualcuna ci riuscisse.

Ora, nel  villaggio viveva un grande capo che aveva tre figlie. La loro madre era

morta da tempo e lui le aveva cresciute  da solo. Una  delle  tre  era molto più 

giovane delle altre, molto  bella  e  gentile  e per questo era amata da tutti. Le sue

 sorelle maggiori, però, erano invidiose delle sue  qualità e la  trattavano in  modo

crudele.  La vestirono  di  stracci  e  le tagliarono  i lunghi  capelli  neri  per farla

sentire  brutta  e la sfigurarono ustionandole il viso con  le braci. Poi mentirono al

padre,  dicendogli  che  la  ragazza  aveva  fatto  tutte  quelle  cose  da sola. Ma la

giovane   era  paziente,    mantenne  il  suo  cuore  gentile  e  continuò  a  lavorare

allegramente.

Come  le  altre  ragazze,   anche   le   figlie   maggiori   del   capo   del   villaggio

cercarono di conquistare Vento Forte. Una  sera, al  tramonto,  camminarono sulla

spiaggia  con   la sorella  di  Vento  Forte  e  attesero    il   suo  arrivo.  Poco dopo

l'eroe   tornò  a  casa  trascinando  la sua slitta. E  la sorella  chiese, come  al solito

- Lo vedete?

- Sì - risposero le due, mentendo.

- Che cosa ha usato per farsi le spalline? -

chiese la sorella.

- Cuoio  grezzo - tentarono le due. Quindi  entrarono  nella  dove di vedere Vento

Forte che cenava, ma  quando egli si tolse l' abito e i sandali videro soltanto i suoi

indumenti. Vento Forte, infatti sapeva che avevano mentito e perciò si era tenuto 

nascosto alla loro vista. Affrante le due tornarono a casa singhiozzando.

Un  giorno  la  figlia  più  giovane del  capo  del villaggio  decise di vedere Vento

Forte  nonostante  il suo  viso bruciato e i suoi abiti stracciati. Si rattoppò i vestiti

con corteccia di  betulla, si  adornò  con  foglie e  fiori e partì per andare a vedere

l'Uomo Invisibile, così come avevano fatto tutte le ragazze del villaggio.

Le sorelle la  schernirono  e le diedero della pazza. E mentre  passava  tra le  tende

tutti la  deridevano per via dei suoi abiti cenciosi e della faccia bruciata, ma lei, in

silenzio, proseguì dritta per la strada.

La sorella  di Vento Forte la accolse con  gentilezza  e  al crepuscolo la portò sulla

spiaggia.

Quando Vento Forte arrivò trascinando la sua slitta, la sorella chiese

- Lo vedi? -

E la ragazza rispose

- No.

La  sorella  di  Vento Forte rimase allibita, perchè la ragazza  diceva la verità. E di

nuovo le chiese

- E adesso lo vedi?

E la ragazza rispose

- Sì, ed è bellissimo.

E la sorella chiese

- Che cosa usa per trascinare la slitta?

E la ragazza rispose, impaurita

- L'arcobaleno.

E la sorella chiese ancora

- Che cosa ha usato per fare la coda del suo arco?

E la ragazza rispose

- La via Lattea.

Allora la sorella di  Vento Forte  capì che, dato che la ragazza aveva detto la verità

fin dall'inizio, suo  fratello  le  si  era  reso visibile. Quindi le disse

- Non c'è dubbio: l'hai visto.

La portò  a  casa  sua e  le fece il bagno e tutte le cicatrici scomparvero dal volto e 

dal corpo della ragazza.Inoltre, i suoi capelli  crebbero  lunghi e neri come le ali di

un corvo  e la sorella di Vento  Forte  le  diede  dei  bellissimi  abiti  e dei preziosi

gioielli con cui adornarsi. Quindi le disse  di  sedersi  al  posto  della  moglie nella

tenda. Poco  dopo  entrò  Vento Forte, che  si sedette  accanto a lei e la chiamò sua

sposa.

Naturalmente  le  due  sorelle maggiori della ragazza andarono su tutte le furie, ed

erano   molto  curiose  di  sapere  che  cosa  fosse  capitato  alla  sorella. Ma Vento

Forte, che sapeva quanto fossero crudeli, decise di punirle. Usando i suoi poteri, le

trasformò  in  due pioppi e  le  piantò  nella  terra. E  da allora le foglie  del pioppo

tremano, perchè hanno paura di Vento Forte che  si  avvicina, anche se si  avvicina

con  dolcezza, perchè  conoscono  bene  il suo  potere  e la  sua  rabbia, che  hanno

suscitato con le loro  menzogne e la loro crudeltà verso la sorella minore tanti anni

fa.

 

 Cyrus Macmillan

 

 

 

   Indiani (4)Indiani (4)Indiani (4)Indiani (4)

 

 

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24 aprile 2012 2 24 /04 /aprile /2012 09:26

      

 

La Cenerentola africana

 

 

 

africa 6

 

          

Nelson Mandela

 

 

Questa Cenerentola nata dall'immaginario fiabesco africano è tratta da

una  raccolta  curata  da un  profondo  conoscitore  e strenuo difensore 

dei diritti dell'Africa: Nelson Mandela.

 

 

Eccoci allora in un'arida regione ai limiti del deserto.

 

 

 

 

 

 

La luna, alta nel cielo, infonde nella notte la sua magia...

 

Il tardo sole del Kalahari precipita dietro gli alberi spinosi. I cacciatori ritornano dal veld (prateria arida e stepposa) Al Kraal (villaggio accampamento) la gente chiacchera e ride. Le due sorelle e la madre di Natiki si spalmano il corpo di grasso. Si fanno belle perchè quella è la sera del ballo della Luna piena.  Il cuore di Natiki arde dal desiderio di recarsi con loro alla grande danza, ma quando chiede alla grande madre se andarci anche lei la madre dice soltanto:

-Va a prendere le capre, e  fa in modo di riportarle qui prima che faccia buio. Porta anche la legna e fa un bel fuoco così che le bestie selvatiche stiano lontano.

La madre e due sorelle trattano Natiki  tanto, tanto male. Sono invidiose perchè lei è molto più bella delle due sorelle maggiori, e temono che un giovane cacciatore possa innamorarsi di lei al ballo. E così Natiki si avvia nel veld. Quando ritorna al kraal con le capre, la madre e le sorelle sono già andate al ballo. Dispone gli aghi di porcospino che ha appena raccolto sul muretto che racchiude lo spazio della capanna in cui preparano da mangiare. Spezza la legna, la sistema e accende il fuoco. Poi, si spalma del grasso sul corpo, tanto che la sua pelle sembra rame lucidato. Si spazzola i capelli con un ramoscello spinoso e si spalma sul viso una mistura gialla di grasso e pezzetti di corteccia. Intorno al collo ha delle perline fatte di guscio d'uovo di struzzo. S'intreccia tra i capelli dei fili di perline e intorno alle gambe lega delle orecchie dissecate di antilope piene di semi. In ultimo, ripone gli aghi di porcospino nel suo piccolo marsupio di pelle.  La luna è già alta quando Natiki si avvia lungo il sentiero. Qua e là, camminando, infila per terra un ago di porcospino. Quando giunge in cima alla salita e vede il grande falò della stanza, comincia a sentirsi un po' ansiosa. Che cosa diranno la madre e le sorelle? Ma poi sente l'odore della carne sulla brace, e i suoi piedi si mettono a saltare, mentre le orecchie di antilope le accarezzano  -shirr-shirr- le caviglie. Quando raggiunge il falò,  dapprincipio se ne sta in disparte. Poi scorge la madre e le sorelle. Ma loro sono impegnate a chiedersi, insieme alle altre donne, chi sia quella bella ragazza sconosciuta, giunta alla festa da sola. Natiki si insinua tra le donne, che cantano e battono le mani. Si unisce al canto. Batte le mani e sente i piedi leggeri.

Un giovane cacciatore le sorride mentre le passa accanto danzando. I suoi occhi si posano su di lei. Quando comincia a farsi tardi, le sorelle di Natiki cominciano a sbadigliare, spalancando la bocca in un modo che le fa  sembrare ancora più orribili.  La madre di  Natiki raccoglie le loro cose e dice alle due figlie maggiori: 

- Prendetevi ancora un pò di carne e andiamo a casa.

E subito se ne vanno. Natiki canta e batte le mani insieme alle altre donne per tanto, tanto tempo ancora. Quando sono tutti stanchi, il giovane  cacciatore le si avvicina. 

- Torno con te - le dice

- Ti porterò  lontano da loro. Discuterò io stesso la  facceda con tua madre.  Poi verrai con me, io farò  in modo che le tue ciotole non siano mai vuote.

E così Natiki parte con il cacciatore verso il luogo in cui vive la sua gente, tanto tanto lontano. Tutti i pomeriggi, quando la madre e le sorelle camminano a fatica verso casa con grossi ceppi di legna sulle spalle, le due ragazze brontolano:

- Natiki, Natiki, un giorno ti riporteremo a casa.  

Ma Natiki è felice e contenta. Bada al marito e ai figli. Ed è proprio come il cacciatore le ha promesso: le sue ciotole sono sempre piene di cibo.

 

 

 

 

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  • mondodiverso
  •  
 
--- La pittura è una poesia che si vede e non si sente, 
e la poesia è una pittura che si sente e non si vede.
(Leonardo da Vinci)
  • --- La pittura è una poesia che si vede e non si sente, e la poesia è una pittura che si sente e non si vede. (Leonardo da Vinci)

                                                                    

 

 Sul mio cuore, poesia, cammina lentamente,
lenta come l’erica delle paludi,
come un uccello plana sul ghiaccio notturno.
Se frangi la crosta di questa mia pena
Potresti annegare, poesia.


Olav H. Hauge  
 
 
 
                                           5Gd_q2Uv210---Copia.jpg                                 
   
    
 Questa strada ha un cuore.
Per me c'è solo un viaggio
su strade che hanno un cuore.
Là io voglio andare
è l' unica sfida che valga la pena.
     
   

 

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